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Export Marketing

Perché il marketing è fondamentale, sopratutto se si vogliono conquistare mercati esteri, dove si parte spesso senza l'aiuto della notorietà del marchio.

Chiacchierando di Export Marketing

Uno scambio di opinioni con Luigi Bidoia su di un post di Ulisse Magazine mi da lo spunto per scrivere queste righe.
Il post si chiedeva perché il vino francese fosse venduto nel mondo con un premium price rispetto al vino italiano: motivi di migliore qualità, di miglior marketing o maggior valore aggiunto del Paese di origine?

Il mio parere è che il motivo principale sia il marketing.

Il Marketing è Valore Aggiunto

Al netto di sciocchi campanilismi, la qualità del vino italiano oramai compete alla pari con i vini francesi. Il maggiore appeal della Francia ha certamente incidenza perché sono partiti molto prima di noi, perché sono più bravi nel “marketing nazionale” e perché sono naturalmente portati a “tirarsela” :).

Gli imprenditori italiani sono eccezionale nel realizzare prodotti di altissima qualità, ma ancora poco orientati ad investire per aggiungere valore al prodotto tramite il marketing. Difatti, loro hanno lo champagne, noi il prosecco.
Per carità, non voglio dire che siano lo stesso prodotto (questo non è un post di enologia) e va bene occupare anche mercati di fascia bassa con elevati volumi, però non credo sia un caso se spesso, in diversi settori, affrontiamo la concorrenza solo sul prezzo.

Con diverse eccezioni, l’inclinazione naturale dell’imprenditore italiano è verso il prodotto, per il quale ha passione e capacità ineguagliate, ma è più freddo verso la promozione del prodotto, quasi come che il prodotto, una volta realizzato, non avesse nessun bisogno di essere venduto ma si vendesse da solo.

Fate un semplice test: chiedete ad un imprenditore di investire 100K in un impianto e lo valuterà attentamente; proponetegli un analogo investimento in marketing e vediamo la faccia che fa. 

Luigi“Stefano mi trovi perfettamente d’accordo. Mi sento di aggiungere che rileva anche una diversa capacità di gestione del rischio. Spesso si investe in macchinari per ridurre i costi, la cui gestione dei rischi è relativamente controllata; l’investimento in marketing è sempre invece finalizzato ad aumentare i ricavi, con relativa moltiplicazione dei rischi: ho individuato bene i bisogni? La comunicazione è adeguata? Il prezzo è giudicato in linea con la qualità? Quanti sono i potenziali clienti? Ecc. ecc. “

Punto centrato. Molto meno rischioso parlare di riduzione dei costi (per carità ben vengano ad ogni livello, soldino risparmiato, soldino guadagnato) ma è solo l’investimento commerciale, che è aleatorio per definizione, a portare sviluppo. E qui che ci vogliono gli “attributi” imprenditoriali!

Recuperare lo spirito degli anni ’60

L’atteggiamento trascurato verso il marketing trova spiegazione – a mio avviso – nella contingenza storica in cui è nata e si è sviluppata l’impresa italiana. Dal dopoguerra agli anni ’80 bastava avere dei prodotti (ben fatti fin per carità ma, diciamolo pure, che beneficiavano anche di costi competitivi rispetto al resto del mondo occidentale) e la vendita veniva da se: gli acquirenti ti cercavano, al massimo si andava ad una fiera. I debiti si facevano (cambiali su cambiali senza paura) per acquistare macchinari e capannoni, nessun investimento era destinato alla vendita, al massimo si pagavano le provvigioni agli agenti (i venditori erano considerati un male necessario, quasi dei parassiti che prendevano una “tangente” sul prodotto).

L’entrata nel mercato dell’enorme capacità produttiva cinese ed asiatica, l’incremento degli interscambi commerciali e delle relazioni internazionali, internet e le vendite online sono i fattori che cambiano l’equilibrio preesistente.

La globalizzazione cambia il mondo, il pallino passa in mano al compratore.

Ecco quindi che non basta più saper FARE un buon prodotto, quello è il minimo, bisogna anche saper raccontare la storia che c’è dietro, identificare con esattezza i bisogni che va a soddisfare, andarsi a cercare il cliente nel mondo e dargli un elevatissimo livello di attenzione pre e post vendita. Gli imprenditori italiani (non tutti ma ancora troppi) stanno facendo fatica ad abituarsi ad un mondo in cui PRIMA si trova il mercato e DOPO si produce; troppe aziende vivono ancora in un tempo in cui si poteva prosperare senza un marketing e rete vendita (quante ce ne sono ancora oggi senza una vera rete commerciale!).

Nella mia esperienza molte (troppe) aziende, soprattutto p.m.i. ovviamente, non hanno ancora metabolizzato (estremizzando) che oggi è possibile sviluppare un’azienda che venda prodotti in tutto il mondo SENZA possedere un plant produttivo, ma non si va da nessuna parte senza un’idea di marketing e una rete vendita.

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